Benedetto sia chi sa chiedere aiuto, chi si riconosce incompleto, chi ha bisogno del fratello.
Carissime e carissimi,
quando ci sembra che il male abbia il sopravvento, come in questo tempo su cui sembrano abbattersi le maledizioni antiche e nuove dell’umanità, guerre povertà e diseguaglianze inaccettabili, ma anche lo scempio di Madre Terra e le catastrofi climatiche, fa bene recuperare uno sguardo contemplativo su un mondo nuovo o diverso che silenziosamente, rivoluzionariamente cresce a fianco del vecchio. Certo nel modo che gli è proprio, assai diverso dal rumorosissimo rotolare di questa epoca, e forse di ogni epoca, sull’orlo del proprio precipizio.
È un modo a cui la sapienza biblica dà un nome e una parola, «pele’», che non senza difficoltà traduciamo con «meraviglioso».
È ad esempio meraviglioso nell’ottavo capitolo di Zaccaria l’idillio di tutto un popolo minuto fatto di anziani e bambini che giocano insieme in una piazza brulicante di vita, la Gerusalemme che accoglie il ritorno di Israele dall’esilio. È Dio stesso a trovare, in una delle confessioni più commoventi che la profezia biblica attribuisca a Yahweh, meraviglioso un quadro simile, struggente e umilissimo, privo di quei tratti magniloquenti che solitamente accompagnano altre visioni apocalittiche nella Bibbia.
Questo sguardo contemplativo sembra suggerirci che sia «pele’», meravigliosa la vita che nonostante tutto fiorisce intorno a noi, con i suoi segni fragili, pieni di grazia e poesia.
E noi abbiamo il privilegio di assistervi tutti i giorni: è «pele’», meraviglioso, il lavoro di certe madri, con le mani immerse nell’acqua fredda a lavare verdura e il pensiero rivolto ai figli, mentre risparmiano centesimo su centesimo in vista di qualche festa o compleanno. O quando si svegliano all’alba, e scrutano con un po’ di apprensione i più grandicelli alla fermata dell’autobus che ormai prendono per andare a scuola, finché non sono saliti.
È meraviglioso il servizio generoso e generativo dei volontari e il loro volto sorridente e grato per ogni minuto speso con mamme e bambini, o in campagna con la schiena curva al fianco dei lavoratori. Così come meravigliosa è la generosità di tante e tanti dipendenti e collaboratori, che ben oltre il proprio mandato e ben più che secondo il pattuito, mettono in gioco tutto sé stessi nel proprio lavoro a servizio degli altri.
Meravigliosa e gravida di futuro è questa piccolezza che scardina la solitudine e crea legame tra le donne e gli uomini, tra Dio e l’umanità. Gesù la chiamerà “beata”.
Benedetto sia chi sa chiedere aiuto, chi si riconosce incompleto, chi ha bisogno del fratello. Benedetta sia l’inermità di quel bambino che ricordiamo nel presepe, e di ogni bambino in una culla. E benedetto sia chi viene nel segno di questa povertà.
Non fa rumore, non ha alcun potere e non gli viene tributato alcun prestigio, eppure giorno per giorno redime il mondo, lo riscatta dalla propria follia e lo trasforma in quel giardino posto all’origine e alla fine della storia, che è il sogno di Dio.
Auguri dunque di un Natale che ci scaldi, ci incoraggi, ci illumini e ci rincuori, donandoci occhi capaci di contemplazione e meraviglia per il bene, che fiorisce ovunque.
Antonio Finazzi Agrò, presidente de La Nuova Arca